Come l’Eye Tracking Sta Rivoluzionando il Marketing
Una tecnica curiosa per comprendere i comportamenti degli utenti
Ciao!
Una sofisticata ed interessante tecnologia di cui si parla poco, poichè utilizzata nel “dietro le quinte”, è l’eye traking.
Ovvero il tracciamento del movimento degli occhi, in italiano detto “Oculometria”
Nelle prossime righe scopriremo le tecniche che ci sono dietro, sia quelle attuali che storiche - dato che è un’attività svolta da decenni -, e le sue applicazioni nel mondo del marketing e dei siti web.
Iniziamo!
Come viene misurato?
Una prima tecnica che è possibile utilizzare è quella della misurazione del campo elettrico, effettuando un elettrooculogramma. Vengono applicati a ridosso dell’occhio due elettrodi, uno opposto all’altro, che misurano costantemente il campo elettrico emesso dall’occhio.
Quando si muove la pupilla, anche in modo impercettibile, questo cambia (spostandosi dal centro verso l’esterno la pupilla si avvicina ad un elettrodo e la cornea all’altro) e quindi è possibile riconoscere il movimento effettuato.
Si può anche effettuare una misurazione radiale applicando svariati elettrodi sulla parte posteriore del cranio; questa misurazione si focalizza sui muscoli e permette di riconoscere le saccadi in modo ancora più accurato.
Una saccade è un rapido movimento oculare, un “salto” per spostare la fissazione, ovvero ciò che stiamo vedendo, da un punto all’altro.
Il vantaggio di questa tecnica è che funziona anche al buio e ad occhi chiusi, quindi potenzialmente anche durante il sonno, e può venire indossata permettendo di effettuare rilevazioni continue anche in movimento.
Il problema è che non consente di determinare esattamente la direzione verso cui sta guardando la persona, è molto impreciso sotto questo punto di vista.
Può essere efficace nella ricerca scientifica mentre per scopri di marketing, in cui bisogna capire da cosa sono attratti gli utenti, serve altro.
La tecnica utilizzata in quest’ultimi scenari invece si basa sui raggi infrarossi e su una videocamera.
L’occhio viene illuminato da un raggio ad infrarossi (o comunque frequenze vicine a quella porzione di spettro) che viene riflesso dalla retina e quindi visualizzato sulla cornea, la parte più esterna dell’occhio. Prendendo come riferimento il centro della pupilla e calcolando la distanza tra questo e il riflesso è possibile capire la direzione dello sguardo e il punto che si sta guardando.
Ovviamente qui entra in gioco la videocamera che registrando costantemente l’occhio permette di effettuare queste analisi successivamente con l’aiuto di un software.
L’utilizzo degli infrarossi è fondamentale dato che non essendo visibili all’occhio umano non creano un fattore di distrazione.
Ah, serve anche una breve fase di calibrazione sul soggetto che si sta misurando.
Eye Tracking nella Storia
La tecnica agli infrarossi è relativamente recente e quindi può sembrare che anche il tracciamento degli occhi sia una cosa nata negli ultimi decenni.
In realtà fin dalla fine del 1800 viene esplorato questo settore. La prima cosa che venne notata fu che durante la lettura non c’è un movimento fluido sul testo ma dei “salti” dello guardo, le saccadi.
Nel 1908 venne creato il primo eye tracker da Edmund Huey. Consisteva in una lente a contatto con un foro per la pupilla collegato ad un puntatore che si muoveva seguendo i movimenti della pupilla stessa.
Nel 1937 Guy Buswell fece un passo avanti andando a registrare il movimento oculare. Utilizzò una tecnica simile a quella attuale, con fasci di luce che venivano riflettuti dall’occhio e poi scrivevano una traccia su una pellicola fotografica.
Qualche anno dopo Alfred Yarbus ideò una vera e propria postazione di tracciamento dei movimenti dell’occhio. Gli occhi venivano anestetizzati e mantenuti costantemente aperti con nastro adesivo. Veniva utilizzata una lente a contatto specchiata che rifletteva la luce su una pellicola mettendo così su carta i movimenti effettuati.
Era una tecnica decisamente invasiva ma permise di comprende molto sul modo in cui osserviamo la realtà, a partire dal fatto che i movimenti e l’interesse che si ha nella visione sono diversi in base al compito che si sta svolgendo.
È negli anni 90 che l’eye tracking uscì dalla ricerca scientifica arrivando anche nel mondo dell’informatica per analizzare l’interazione uomo-macchina, sia per scopi tecnici che pubblicitari
Visualizzazione dei Dati
Piccolissima parentesi sulle tecniche con le quali vengono visualizzati i dati, poi iniziamo a vedere qualche applicazione concreta,
La prima è la heatmap, mappa di calore. Tendenzialmente ad una fotografia dello spazio visualizzato vengono sovrapposte aree di colore caldo, quelle che sono state viste maggiormente, e di colore freddo, le più ignorate.
Può riferirsi sia ad una sola persona, mostrando le aree sulle quali si è focalizzata di più, che su un campione più ampio.
È una raffigurazione molto efficace dato che permette di comprendere in uno sguardo le aree di maggiore interesse. Non viene utilizzata solo per questo ma anche, ad esempio, per mostrare risultati elettorali o intrecci di dati.
Altra metodologia è il gaze plot, che invece si riferisce ad un unico individuo.
Questo mostra l’ordine di visione, che percorso ha fatto l’occhio sulla pagina web o sul prodotto. La dimensione dei punti invece rappresenta il tempo in cui ci si è focalizzati in quella zona.
Potenzialmente potrebbero essere sovrapposti, con colori diversi, i risultati di più utenti ma il risultato è abbastanza confusionario. In ogni caso, permette di avere informazioni totalmente diverse rispetto alla heatmap.
Eye Tracking nel Marketing
Effettuare studi sulla visione tra le corsie di un supermercato consente di capire in quali zone si focalizzano maggiormente gli utenti, tendenzialmente ad altezza occhi, ed eventualmente se sono presenti prodotti che attirano particolarmente l’attenzione nonostante la posizione sfavorevole in modo da valorizzarli ulteriormente.
Focalizzandosi invece sulla singola confezione di un prodotto è possibile capire quali informazioni vengono lette e in che ordine. Si potrebbe magari scoprire che una dicitura fondamentale (es plant-based, senza lattosio) è stata messa in una posizione sfavorevole e quindi sarebbe il caso di rivedere il design per enfatizzarla. Ulteriori studi di eye-tracking, magari durante la fase di produzione, possono confermare se la nuova dispososizione è migliore.
Stessa cosa in un annuncio pubblicitario. Nella heatmap sorvrastante vediamo che c’è grande attenzione verso la ragazza e lo slogan ma bassissima sul logo dell’azienda e sulla call to action “Try for free”.
A mio avviso quindi, vedendo questi dati, la campagna potrebbe non essere stata pienamente efficace, nè per attrarre nuovi utenti - c’è stata poca attenzione sulla prova gratuita - nè per consolidare la reputazione del brand dato che il logo non è stato molto considerato.
Utilizzi nel Web
Attraverso l’eye tracking si fanno anche molti studi su come gli utenti interagiscono con un’app o sito web. Ad essere precisi in realtà si può capire quali tasti/funzioni vengono maggiormente utilizzati dagli utenti dato che un sito web è virtuale e non “offline” come una confezione (ad esempio analizzando i dati sul tasso di abbandono o di acquisto).
Tuttavia il tracciamento degli occhi può evidenziare, quali zone vengono maggiormente viste dagli utenti e non solo quelle con cui essi interagiscono maggiormente.
Il discorso alla fine è sempre lo stesso: comprendere l’interazione degli utenti e ottimizzare la disposizione degli elementi per rendere più efficace il proprio scopo.
Un’attività che viene spesso svolta è l’A/B Testing, ovvero la sperimentazione di soluzioni grafiche/funzionali diverse da utente ad utente per capire qual è la più efficace. Lo si può fare misurando, ad esempio, il tasso di abbandono ma vengono anche svolte rilevazioni controllate attraverso l’eye tracking.
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